venerdì 21 gennaio 2011

Cacciatori di vampiri di C. Gleason

Quella che segue è solo un assaggio della recensione su Libri e Caffelatte^^
Copertina italiana
Titolo: Cacciatori di Vampiri
Titolo originale: The Rest falls away
Anno: 2007
Autore: Colleen Gleason
Editore: Newton & Compton
Genere: Paranormal Romance/Storico
Pubblico: dicono adulto ... 

INCIPIT (extended) 
PROLOGO 
Nel quale la nostra storia ha inizio

I suoi passi erano impercettibili, ma Victoria lo sentì muoversi.
Si strinse alla corteccia, premendo il corpo contro l'albero come se questo potesse risucchiarla, al sicuro. Ma tutto ciò che sentì fu una superficie dura e irregolare. Non poteva restare in quel posto. Accovacciandosi, con le dita strette intorno a uno spesso bastone, abbandonò il riparo offerto dall'ombra dell'albero e finì nella luce argentea, liquida, della luna. L'improvviso spezzarsi d'un ramoscello sotto le sue scarpe la costrinse a scappare, ora con passo più accorto, verso un'altra ombra nelle vicinanze…
Poteva sentirlo respirare.
E sentire l'eco del battito cardiaco di lui.
Batteva forte, stabile e vigoroso. Le rimbombava nelle orecchie, pulsando attraverso tutto il corpo quasi si trattasse del suo stesso cuore.
Victoria si spostò di nuovo: la gonna le ondeggiava sui fianchi mentre si precipitava lontano dal suono del suo inseguitore.
Corse all'impazzata nel sottobosco, scansando gli alberi e scavalcando i tronchi caduti come fosse una cavalla impazzita.
Mentre correva, i passi di lui si facevano più vicini e svelti.
Un ramo le graffiò il volto. Delle sterpaglie le s'impigliarono nella gonna.
Corse, corse e continuò a correre nella bianca luce lunare, tenendo stretto il bastone, ma lui stava arrivando, il battito del suo cuore deciso come la sua falcata.
Prima che se ne rendesse conto, Victoria incespicò in un lieve declivio e finì dentro un ruscello. Il sostegno offerto dal bastone le impedì di cadere del tutto mentre annaspava nell'acqua fino alle cosce, con la gonna zuppa che l'appesantiva e la faceva rallentare, finché riuscì a malapena a procedere.
Un grido di rabbia da dietro richiamò la sua attenzione mentre tentava di risalire la lieve pendenza sulla riva opposta del ruscello.
Mentre saliva, si girò indietro e lo vide in piedi sulla riva opposta. Non riusciva a scorgere quel volto… anche se i suoi occhi scintillavano nel buio, e dal suo corpo emanavano furia e frustrazione.
Ma non la seguì. Non attraversò il corso d'acqua.

Victoria si svegliò di soprassalto, col cuore che le batteva all'impazzata nel petto.
Era la luce del sole che risplendeva attraverso la finestra, non i raggi della luna.
Un sogno. Era stato un sogno.
Si passò una mano sul viso, madido di sudore, e scostò le ciocche di capelli che si erano svincolate dalla spessa treccia.
Il quinto sogno. Era tempo.
Il letto era piuttosto rialzato rispetto al pavimento, e i suoi piedi produssero un rumore sordo sul tappetino con decorazioni Aubusson mentre sgusciava in fretta dal copriletto, cercando disperatamente il vaso da notte. Noncurante dell'indecenza del gesto, Victoria sollevò la camicia zuppa di sudore gustandosi la piacevole sensazione dell'aria fresca sulla pelle appiccicosa.
Cinque sogni in meno di due settimane. Era il segnale: quel giorno si sarebbe recata dalla zia Eustacia.
I resti del sogno svanirono, rimpiazzati da una vibrante attesa e da un formicolio d'inquietudine. Victoria si guardò nello specchio alto e appannato. L'avvertimento era giunto.
Quel giorno avrebbe scoperto cosa profetizzava quell'avvertimento.
(fine del Prologo)

TRAMA: Da generazioni i Gardella sono cacciatori di vampiri: al compimento della maggiore età i discendenti sono chiamati ad accettare il destino della famiglia. Questa volta la prescelta è Victoria. Mentre la sua vita si snoda tra la folla delle sale da ballo e le strade solitarie illuminate della luna, il suo cuore è diviso tra il più ambito scapolo di Londra, il Marchese di Rockley, e il suo enigmatico alleato, Sebastian Vioget. E quando si ritroverà faccia a faccia con il più potente vampiro mai esistito, Victoria dovrà compiere la scelta estrema tra amore e dovere. Ambientato tra gli splendori e le ombre della Londra di inizio Ottocento, Cacciatori di vampiri è un'appassionante storia di sangue, di soprannaturale, d'amore e morte.
L'inizio di una saga, quella dell'Eredità dei Gardella, destinata a travolgere i lettori.
Copertina originale
dal sito dell'autrice http://www.colleengleason.com/
Primo capitolo di una saga "The Gardella Vampire Chronicles" che ha già tutti i volumi tradotti:
-La condanna del vampiro (2008)
-La rivolta dei vampiri (2008)
-Il crepuscolo dei vampiri (2009)
-Il bacio del vampiro (2010 - quinto e ultimo volume della saga)

L'hanno paragonata a BUFFY! L'autrice è una fan di Buffy! Ebbene sì! La mia eroina Buffy ... e allora leggiamo questo inizio, questa genesi della cacciatrice Victoria ^_^

Già le prime tre righe mi fanno storcere il naso (parlo del prologo!):
<Si strinse alla corteccia, premendo il corpo contro l'albero come se questo potesse risucchiarla, al sicuro. Ma tutto ciò che sentì fu una superficie dura e irregolare.> 
Ma che si aspettava? Che la corteccia di un albero fosse come un materasso? Che cosa vuol dire questa frase? E' ovvio che è dura e irregolare, è una corteccia!
In più, una donna vestita come nell'800 non ha molte parti del corpo esposte. Con cosa percepisce la corteccia se non con le mani, che però spesso portavano dei guanti?
Suppongo, a quest punto, con la guancia!
dal film Sherlock Holmes un esempio di vestitino ottocentesco ...
non sarà perfetto e curato a livello storico
ma una cosa è certa:
tutto il corpo era coperto!
PROSEGUE SU LIBRI E CAFFELATTE :D

lunedì 17 gennaio 2011

BISCLAVRET di V. Delsere e E. Maffioletti

Quello che segue è un assaggio, alla fine il link di collagamento con Libri e Caffelatte.

Illustrazione di Arianna Milesi
«Dame, jeo devienc bisclavret.
En cele grant forest me met,
Al plus espés de la gaudine,
S’i vif de preie e de ravine».

«Signora, io divento un lupo mannaro.
M’inoltro in quella grande foresta,
nel folto della macchia,
e vivo di preda e di rapina».

Maria di Francia, Lai di Bisclavret, vv. 63-66

INCIPIT exended al PROLOGO

Dovevano avermi già disteso sullo scudo. Sentivo il corpo sollevarsi. Un clamore mi avvolgeva. Forse ero morto da valoroso in battaglia. Forse il cuore si era schiantato per amore. Provai a sollevare le palpebre. 
Una luce sfolgorante quasi mi tolse la vista. Poi cominciai a distinguere vaghe figure.
«Ha aperto gli occhi» sentii mormorare. «È proprio un uomo». 
Un brusio si diffuse.
«Cavaliere, cavalier Aimone!». Una voce sopra le altre mi chiamava.
Distolsi gli occhi dal bagliore inseguendo quel suono così grato. 
Vidi affacciarsi un viso virile, bello e nobile. La barba ricciuta, lo sguardo vivace. Il naso ricurvo, segno certo d’alto lignaggio.
«Cavaliere, orsù! Non mi riconoscete?». 
L’accento tradiva umanissima preoccupazione e un’agitazione a stento trattenuta.
Con le narici mi aggrappai al noto odore di cuoio e sudore, di caccia e selvaggina. La mente mi si aprì a una lieta visione, un cervo agonizzante in un’ampia radura cinta da ombrosi alberi discreti. Dal collo il sangue sgorgava a fiotti, caldo e fumante.
Una delizia che mi fece tremare di confusione e desiderio.
Cercai allora lo sguardo del nobiluomo quasi a implorare conforto, ma quegli trasalì e si ritrasse. Poi, vergognandosi di apparire titubante di fronte agli astanti, la voce si schiarì con numerosi hmmm e subito girò il capo all’intorno con espressione di chi comandando non ammette critica. Chiuse la destra a pugno, trattenne un gesto che avrebbe potuto tradire l’esitazione e di nuovo s’incurvò, bisbigliando perché nessuno udisse:
«Cavaliere, vi prego! Alzatevi come si alza un uomo!». 
Sul momento non capii cosa intendesse. Uomo lo ero sempre stato!

Avevo un bel castello, possedevo duecentoventidue armenti, quattro paia di buoi, sessantotto giovenche, centocinquantuno galline, quattordici galli, svariate oche e pollastri, due mute di veltri, diciotto giumente, due stalloni, tre castroni (destrieri, per giunta), dodici puledri, ventuno scrofe, quattro verri, centotre lattonzoli, per Giove Pluvio! E poi, la dolce amica che un giorno fu mia sposa e tanto cara al cor mi s’afferrava: Deliana.

TRAMA: Nel cuore di un Medioevo insieme realistico e fantastico, il cavaliere Aimone di Torrarmata è incline per temperamento alla pratica dell’ironia, la meno cavalleresca delle virtù. Uomo “illuminato” e dunque anomalo rispetto al suo tempo, amministra con saggezza le proprie terre, ma è afflitto da una misteriosa e ricorrente metamorfosi che fa di lui, pacifico vassallo di re Alberico, un feroce predatore
La sua singolare natura gli conferisce il potere di viaggiare nel tempo per mezzo di folgoranti visioni, nonché la capacità di osservare il mondo con candido disincanto, traendone conclusioni paradossali e anticonformistiche ante litteram. Dopo aver ascoltato la profezia di Raksha, giovane e avvenente indovina della quale non può che innamorarsi, Aimone decide di intraprendere un’impegnativa ricerca per ricomporre le due facce della sua sconcertante personalità
Prende così l’avvio un emozionante percorso iniziatico nel solco della migliore tradizione cavalleresca, raccontato in prima persona dal cavaliere di Torrarmata con un linguaggio originale e divertente, che unisce alla cura filologica il gusto della battuta fulminante, la caratterizzazione gotica, pittoresca o spassosa a seconda delle situazioni. Ne scaturisce un’avventura indimenticabile, dove il cammino è orientato dall’interpretazione di segni e dalla soluzione di enigmi, tra vagabondaggi, duelli, incontri stupefacenti e pericoli mortali, fino al traguardo della decisiva illuminazione.

Il romanzo stampato dalla casa editrice O.G.E. Oleandri riprende la figura del bisclavret! 
Licantropo medioevale
Una versione medioevale del licantropo. 
O meglio, la figura del lupo mannaro vista con gli occhi del Medioevo. Gli occhi in questione sono di Maria di Francia che ne parla nelle sue liriche (lais). A lei si deve il termine bretone, a mio avviso molto intrigante ^_^

Con la presentazione prosegue su LIBRI E CAFFELATTE

Le sole conclusioni, comunque, sono:
E' davvero un gran bel romanzo! Merita una recensione tutta sua, cercherò di creare qualcosa di "speciale" ^^ Comunque, per ora vi dico che è scritto BENISSIMO! Le autrici usano un linguaggio molto curato con termini medievaleggianti che lasciano vivere "il senso di meraviglia" per tutto il libro. La trama scorre che è un piacere. Una PERLA!
PROMOSSO!

lunedì 10 gennaio 2011

Appunti di un venditore di donne di G. Faletti

Breve recensione presa da Libri e Caffèlatte
Dalai
INCIPIT
Io mi chiamo bravo e non ho il cazzo.

TRAMA: 1978. A Roma le Brigate Rosse hanno rapito Aldo Moro, in Sicilia boss mafiosi come Gaetano Badalamenti soffocano ogni tentativo di resistenza civile, all’ombra della Madonnina le bande criminali di Vallanzasca e Turatello fanno salire la tensione in una città già segnata dagli scontri sociali. 
Ma anche in questo clima la dolcevita del capoluogo lombardo, che si prepara a diventare la «Milano da bere» degli anni Ottanta, non conosce soste. Si moltiplicano i locali in cui la società opulenta, che nella bella stagione si trasferisce a Santa Margherita e Paraggi, trova il modo di sperperare la propria ricchezza. È proprio tra ristoranti di lusso, discoteche, bische clandestine che fa i suoi affari un uomo enigmatico, reso cinico da una menomazione inflittagli per uno "sgarbo".
Si fa chiamare Bravo. Il suo settore sono le donne. Lui le vende. La sua vita è una notte bianca che trascorre in compagnia di disperati, come l'amico Daytona. L'unico essere umano con cui pare avere un rapporto normale è un vicino di casa, Lucio, chitarrista cieco con cui condivide la passione per i crittogrammi. 
Fino alla comparsa di Carla che risveglierà in Bravo sensazioni che l'handicap aveva messo a tacere. Ma per lui non è l'inizio di una nuova vita bensì di un incubo che lo trasformerà in un uomo braccato dalla polizia, dalla malavita e da un'organizzazione terroristica.
Un noir fosco su uno dei momenti più drammatici del dopoguerra italiano, in una Milano che oscilla tra fermenti culturali e bassezze morali.

CONCLUSIONI: Credo che l'incipit di questo libro rimarrà nella storia per la sua brutalità. L'ho letto perchè ero curiosa di vedere come avrebbe gestito la "Milano da bere o by night" di quegli anni. Faletti non mi dispiace anche se non mi fa impazzire, ma per il genere non per lo stile. Il libro è cupo, per certi versi "deprimente". Il personaggio Bravo mi ha messo una tristezza crescente
Alla fine l'ho letto ma mi sono convinta non essere un genere che mi appartiene. Cmq, Milano la descrive benissimo. La storia è coerente, ma non mi è piaciuta. I personaggi alcuni sono ben "dipinti" altri trovano poco spazio e quindi hanno poco spessore. Bravo rimane un uomo davvero triste, sarà per gli "ovvi motivi"...
PROMOSSO ma lo consiglio solo a chi piace Faletti e il noir.

FONTE LIBRI E CAFFELATTE

venerdì 7 gennaio 2011

Il ghigno di Arlecchino di A. Barone


Cover
Titolo: Il ghigno di Arlecchino
Autore: Adriano Barone
Anno: 2010
Editore: Asengard - Wyrd
Genere: Weird
Pubblico: maturo

INCIPIT

0
non temete le mie parole non temete le parole che costruiscono mondi 
respiratele cantatele e tracciate nervose spezzate libere linee nell’aria immaginate realtà create ipotesi masticate il caos escreti i sogni rigurgitate 
le infinite possibilità postulate meravigliosi terribili incidenti dall’uno i 
molti solo quando è tutto finito realizzate felicità inventate l’ombra ha 
formulato lo spirito ha agito per essere causa se il tempo vi è ostacolo e 
nemico divoratelo voraci digrignate i denti sfregateli tra loro fino a farli 
stridere e poi sbatteteli con forza e aprendo e chiudendo la bocca tac tac 
tac tac tac...
Tac
tac
tac
tac

tac

1
Il Barone camminava nel corridoio, l’eco dei suoi passi rimbombava nonostante cercasse di appoggiare i piedi al suolo più delicatamente possibile.
Ai lati del corridoio, le creature fluttuavano in contenitori trasparenti, alcune beatamente abbandonate all’abbraccio del liquido di conservazione, altre che si dibattevano come in preda a una crisi epilettica o a un raptus di follia.
«Il ragno piccolo e stupido, piccolo e stupido, piccolo e stupido...» ripeteva la voce proveniente da una testa di neonato dalla Adriano Barone quale si allungavano dita innaturalmente lunghe. Ognuna di esse non terminava in polpastrelli ma in piccole bocche che si appiccicavano alla superficie del contenitore cilindrico. La voce, da fuori, era udibile grazie a onde multicolore che, propagandosi nel liquido e infrangendosi contro la superficie di vetro, venivano amplificate all’esterno.
Al termine del condotto uretrale di quello che sembrava un pene reciso ospitato in un altro contenitore, un occhio si aprì,  contemporaneamente ad altri due occhi che si trovavano dove avrebbero dovuto esserci dei testicoli.

TRAMAVittima di esperimenti che lo hanno portato ad avere poteri quasi divini, ma sui quali non ha il minimo controllo, il folle Arlecchino fugge dalla prigionia impostagli fin dalla nascita. Il giullare si ritrova in un mondo in apparenza perfetto, dove la morte non esiste: insofferente a ogni tipo di regola, vittima di un destino che lo vede sempre in balia di forze che vogliono imporre l’ordine nel Multiverso, Arlecchino porta il caos nel mondo in cui è prigioniero e, liberatosi, in tutte le altre realtà esistenti, provocando ciò che i misteriosi Tracciatori vogliono prevenire ad ogni costo. E quando si scatena la sua follia, in tutti i Tracciati dell’universo risuona il ghigno di Arlecchino.

LA RECENSIONE PROSEGUE SU LIBRI E CAFFELATTE
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...